Competenze digitali: in Italia solo il 45,7% possiede quelle di base, l’Upskilling è necessario, soprattutto per la competitività
Competenze digitali, l’Italia si posiziona al quart’ultimo posto, con il 45,7% di competenze di base. Abbiamo bisogno di formazione permanente, Upskilling, Reskilling e di un ecosistema efficace in grado di influenzare e influenzarsi.
Si parla di slancio all’apprendimento permanente, innovazione, competitività, transizione digitale e verde a beneficio delle aziende che necessitano di competenze sempre più specifiche, ma l’Italia si posiziona come quart’ultimo paese in Europa per competenze digitali di base.
Il 21 giugno 2023 è uscito un dato Istat relativo alle competenze digitali di base degli italiani (Cittadini e competenze digitali) riportato poi dalle principali testate. Nel 2021 solo il 45,7% degli italiani di età compresa tra i 16 e 74 anni aveva competenze digitali di base, inserendo l’Italia come quart’ultimo Paese in Europa.
Se si pensa che la Bussola digitale prevede di dotare di competenze digitali almeno l’80% degli adulti per il 2030 e dare lavoro a venti milioni di esperti informatici, abbiamo bisogno di inserire la formazione permanente come asset strategico aziendale. Parliamo di competenze fondamentali in ogni impresa che ad oggi non trovano riscontro nei candidati. Sono oltre 230mila i posti di lavoro vacanti che le aziende non riescono a coprire per mancanza di disponibilità di competenze adeguate, fonte Unioncamere-Anpal. Il punto centrale è che se il capitale umano non è ben formato e in grado di formare, a sua volta, non possiamo ambire a sviluppo.
Per poter partecipare e competere nel mercato abbiamo bisogno di competenze digitali, innovazione, tecnologia, di conoscere gli strumenti appropriati agli obiettivi da raggiungere e di consapevolezza. Ma per farlo non possiamo pensare di essere singole realtà, dobbiamo pensare come ecosistema in grado di influenzarsi vicendevolmente, di condividere la conoscenza, di trasferire in maniera trasversale oltre che verticale. Dobbiamo fare sistema. Un sistema che punti sulle competenze di ciascuna risorsa, che vinca la sfida dello sviluppo del capitale umano digitale e tecnologico. Puntare ad avere un patto formativo multilivello e trasversale che permetta una costante crescita delle competenze e che operi con una cultura di apprendimento permanente anche dal lato aziendale (si deve investire in formazione permanente, non solo quando si hanno a disposizione risorse esterne).
Quali sono gli aspetti che dobbiamo sempre avere chiari quando parliamo di formazione permanente?
- Dobbiamo partire con strumenti di analisi delle Skill per poter monitorare costantemente le competenze e i relativi fabbisogni formativi;
- Dobbiamo avere un piano di formazione permanente che prende in considerazione il capitale umano sia in veste di formato che di formante. E questo lo possiamo fare solo con una visione chiara a medio-lungo termine di dove si vuole arrivare;
- Dobbiamo pensare le aziende con una visione a medio-lungo termine con sviluppi e nuove necessità per poter costruire il progetto formativo permanente;
- Dobbiamo entrare in una visione relazionale collaborativa in cui facilitare il dialogo tra scuola, università e impresa sulla base di conoscenza e competenza circolare;
- Dobbiamo concepire il tempo come investimento quando si parla di formazione e condivisione delle conoscenze e competenze;
- Dobbiamo coltivare una nuova cultura basata sulla collaborazione: collaborative working e collaborative learning;
- Dobbiamo avere un piano di formazione aziendale permanente che esiste a prescindere da fonti economiche esterne;
- Dobbiamo imparare il valore della formazione attraverso la ricaduta immediata nell’attività lavorativa quotidiana.
All’interno della formazione permanente una parte importante dovrà essere dedicata all’accrescimento delle competenze digitali tra Upskilling, Reskilling e miglioramento costante della competitività attraverso la tecnologia.